Newton sosteneva che lui era un nano sulle spalle dei giganti e che questo gli consentiva di guardare lontano. Oltre. Noi, io, mi accontento di essere sulle spalle di un nano per poter guardare un po' più avanti. Al meglio che la vita può riservarci. Purtroppo però non ho ricette.
L'ultimo controllo, quello del mese di marzo mi ha rimesso in pace con la salute, è tutto a posto.
La remissione è strepitosamente completa e l'immunofissazione assolutamente negativa.
In un'ora ho pulito il cervello, come si fa con la fresa per l'ablazione del tartaro ho scrostato mesi di ingenua tensione. Nell'ultimo giro ho dovuto rifare l'esame del midollo, quello sostenuto in autunno era a posto però me lo avevano riprescritto. Non era successo nulla, mi sentivo bene, ma ogni tanto, in questi ultimi mesi, mi tornava in testa la domanda "perchè devo rifarlo?"
Insomma una lievissima preoccupazione c'era, intanto prelevare osso e midollo è una menata e poi perché è l'esame definitivo: se il midollo è a posto è a posto anche tutto il resto. Il problema poteva esserci se non fosse stato a posto (anche se tutti gli altri esami funzionavano bene). Era tutto sottocontrollo, tuttavia le sinapsi sono imprevedibili.
Per gli esami e per la visita torno sempre all'istituto, l'ematologia si è molto ingrandita ed è diventata più accogliente. L'attenzione nei confronti del paziente è sempre al primo posto. L'ampliamento degli spazi è però frutto anche di un'altra verità: i pazienti aumentano. Non mi stanco di scriverlo, per me è una specie di seconda casa, è il luogo dove mi hanno salvato la vita. Ecco non so se mi spiego, se riesco a far capire il significato della parola gratitudine. Non mi piacciono i tatuaggi, altrimenti questa sarebbe una frase da farsi segnare su qualche parte del corpo per averla sempre con sé.
Servirebbe a ricordarci che ci sono sempre persone che soffrono, e ci sono sempre coloro che le aiutano e coloro che, in altri campi, tentano di fotterci. I secondi a me non piacciono.
Bisogna essere consapevoli che non bastano l'applicazione e la volontà per raggiungere un obiettivo. Quelli che ci dicono il contrario sono dei bugiardi (sono quelli che mettono la furbizia al primo posto). Quelli che ci dicono che con l'ottimismo si fa tutto, che il mondo è pieno di opportunità, che volere è potere, che bisogna automotivarsi, che si salvano perché hanno letto un libro sull'autostima, che bisogna tirare fuori il meglio da se stessi, imparare a comunicare, e via così.
Siamo pieni di maestri che ci insegnano come dobbiamo sentirci, che vogliono cambiare i nostri sentimenti, che cambiano il vocabolario per smussare le difficoltà.
A tutti, ma proprio a tutti, anche voi che mi volete bene e seguite il mio blog chiedo:
Avete mai visto un'oncologia pediatrica? I bambini e i loro genitori?
L'angoscia diventa fisica, tridimensionale, da toccare con le mani.
Qualcuno avrebbe il coraggio di dire loro che volere è potere, che poi passa, che la vita è fatta di alti e bassi, che bisogna credere nelle cose affinché si avverino?
Io no. Il silenzio quando si parla con un malato di cancro è, spesso, una buona opzione
Non c'è sempre il lieto fine, solo che ci distraggono e ci vogliono far credere che, al contrario, il mondo è pieno di guerrieri che ce l'hanno fatta. Gli sconfitti non piacciono a nessuno, anche se hanno lottato fino alla fine.
Io ho avuto fortuna, una grande fortuna, oltre alle cure e all'affetto. Ho lottato ma sono stato fortunato.
So bene che le cose certamente vanno affrontate con coraggio e con forza, mettendoci il massimo della determinazione, ma ho anche visto che spesso non bastano e che il destino decide.
Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio
(S. Beckett)
I malati di cancro si aiutano con i soldi da dare alla ricerca, con il calore delle parole, con la competenza dei medici, con la possibilità di offrire un sostegno psicologico serio (non da tv del pomeriggio) a chi è in difficoltà. Vanno dati aiuti economici a chi si deve allontanare da casa per lunghi periodi per curarsi: tutti devono avere diritto all'eccellenza. Va dato sostegno al reddito anche a chi ha un lavoro autonomo. Non servono troppe parole, i predicatori da strapazzo non piacciono a nessuno
Come dice Lucio Dalla in Cara una canzone assoluta
https://www.youtube.com/watch?v=A9ZdV0wrseA
Conosco un posto nel mio cuore
dove tira sempre il vento
per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento
non c'è niente da capire, basta sedersi ed ascoltare.
Ascoltiamo di più il nostro cuore anche se ci dice di arrabbiarci con qualcuno che non ci piace. Non siamo dei penitenti perenni.
Sto sempre cercando un editore per il libro su questa mia storia, ho aperto una pagina facebook https://www.facebook.com/nomieloma se volete potete andarci e mettere mi piace.
Vi voglio bene.
Ho dei medici incredibili che mi hanno salvato la vita. Ho una famiglia che amo. Ho delle passioni che cerco di coltivare come lo scrivere e il calcio. Ho scritto tre libri. Il cancro me l'ha fatta vedere brutta, ma brutta, brutta brutta.
venerdì 4 aprile 2014
martedì 26 novembre 2013
cancro, libertà e solidarietà
Sono passati molti mesi dall'ultimo post.
Sono accadute un sacco di cose, alcune buone e importanti, altre meno buone ma altrettanto importanti. Parto come sempre dal controllo, l'ho fatto in ottobre ma ci è voluto un po' di tempo per l'esito dell'esame del midollo.
È tutto a posto, ma che fatica!
Il prelievo dalla cresta iliaca non è stato semplice.L'esame dovrò rifarlo ma mi hanno detto di stare tranquillo. Il resto, immunofissazione e rapporto delle free lite è in ordine. Quindi di salute sto bene.
Che altro? sono d'accordo anch'io, di più importante della salute nostra e di quella di chi ci vuole bene non c'è niente.
Ormai ai controlli, ai buchi nella cresta iliaca per il prelievo del midollo, sono abituato. Non mi spavento, ciò però non significa che non sento male quando mi bucano. Oltretutto di buchi ne ho fatti molti e il callo impedisce un prelievo semplice.
Ma siamo sempre qui.
Siamo sempre qui a lottare, con tutto e con tutti.
Spesso penso alla solidarietà che ho avuto da chi mi vuole bene, al modo in cui tante persone mi hanno dimostrato vicinanza e, altrettanto spesso, confronto questo sentimento con quello di chi è stato privato di qualcosa, della libertà, della dignità, del lavoro.
Sono esperienze molto pesanti.
Ho avuto la possibilità di andare a San Vittore per parlare ai detenuti dell'esperienza della scrittura e dei libri che ho scritto. Soprattutto di quelli sul Milan. La partecipazione è stata immediata, tutti, come in ogni altro contesto, avevano la loro opinione sui rossoneri, sul calcio, sul mondo. Anche se il mondo visto dall'interno di un carcere è un po' diverso.
Libertà non è una parola facile, mentre è facile svuotarla. Quando ho finito il mio incontro, sono uscito e sono tornato alla mia vita di tutti i giorni. Una vita, come quella di molti in questo periodo, fatta di alti e bassi ma libera.
I partecipanti sono tornati in cella: la differenza era stridente.
Sono in tanti che hanno trovato sulla loro strada degli intoppi: una coda al casello, la pioggia senza ombrello, quando ti vola via il cappello, ma anche chi ha avuto una diagnosi severa, chi ha perso il posto di lavoro, chi corre tutte le mattine.
Ognuno ha una scala di valori, ma libertà, dignità e salute dovrebbero essere sempre ai primi posti..
Tutti però vogliamo dirci siamo salvi.
Ho finito di scrivere il libro sulla mia esperienza con il cancro e sto cercando un editore.
L'argomento è duro e i giorni che ho trascorso in compagnia della bestia sono stati molto difficili, ora li vedo da lontano ma non li dimentico, come non dimentico i momenti meravigliosi che ho, comunque vissuto, la remissione della malattia, la donatrice che mi ha salvato la vita, i miei medici e soprattutto l'arrivo di mio figlio e la mia mia famiglia . Anzi assaporo ogni momento della vita. Ogni giorno; così come ogni giorno mi scontro con chi non ha sviluppato questo sentimento e pensa che il prossimo sia qualcuno da abbindolare.
Sono per le cose belle della vita, sono per provare ad abbattere la sofferenza, sono per farci sentire e dire al mondo che non siamo sottomessi.
Finisco con una poesia di Ho Chi Minh (che ha vissuto a Milano in via Pasubio dove faceva il pasticcere), a proposito di libertà, di dignità e di solidarietà.
La rosa s'apre, la rosa
appassisce senza sapere
quello che fa.
Basta il profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perchè nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie
del mondo
Ho Chi Minh
Fratelli miei trattatevi bene.
Qui c'è un'intervista proprio sulla mia storia e sulle storie del calcio
https://www.youtube.com/results?search_query=marco+dell%27acqua+intervista&sm=1
Sono accadute un sacco di cose, alcune buone e importanti, altre meno buone ma altrettanto importanti. Parto come sempre dal controllo, l'ho fatto in ottobre ma ci è voluto un po' di tempo per l'esito dell'esame del midollo.
È tutto a posto, ma che fatica!
Il prelievo dalla cresta iliaca non è stato semplice.L'esame dovrò rifarlo ma mi hanno detto di stare tranquillo. Il resto, immunofissazione e rapporto delle free lite è in ordine. Quindi di salute sto bene.
Che altro? sono d'accordo anch'io, di più importante della salute nostra e di quella di chi ci vuole bene non c'è niente.
Ormai ai controlli, ai buchi nella cresta iliaca per il prelievo del midollo, sono abituato. Non mi spavento, ciò però non significa che non sento male quando mi bucano. Oltretutto di buchi ne ho fatti molti e il callo impedisce un prelievo semplice.
Ma siamo sempre qui.
Siamo sempre qui a lottare, con tutto e con tutti.
Spesso penso alla solidarietà che ho avuto da chi mi vuole bene, al modo in cui tante persone mi hanno dimostrato vicinanza e, altrettanto spesso, confronto questo sentimento con quello di chi è stato privato di qualcosa, della libertà, della dignità, del lavoro.
Sono esperienze molto pesanti.
Ho avuto la possibilità di andare a San Vittore per parlare ai detenuti dell'esperienza della scrittura e dei libri che ho scritto. Soprattutto di quelli sul Milan. La partecipazione è stata immediata, tutti, come in ogni altro contesto, avevano la loro opinione sui rossoneri, sul calcio, sul mondo. Anche se il mondo visto dall'interno di un carcere è un po' diverso.
Libertà non è una parola facile, mentre è facile svuotarla. Quando ho finito il mio incontro, sono uscito e sono tornato alla mia vita di tutti i giorni. Una vita, come quella di molti in questo periodo, fatta di alti e bassi ma libera.
I partecipanti sono tornati in cella: la differenza era stridente.
Sono in tanti che hanno trovato sulla loro strada degli intoppi: una coda al casello, la pioggia senza ombrello, quando ti vola via il cappello, ma anche chi ha avuto una diagnosi severa, chi ha perso il posto di lavoro, chi corre tutte le mattine.
Ognuno ha una scala di valori, ma libertà, dignità e salute dovrebbero essere sempre ai primi posti..
Tutti però vogliamo dirci siamo salvi.
Ho finito di scrivere il libro sulla mia esperienza con il cancro e sto cercando un editore.
L'argomento è duro e i giorni che ho trascorso in compagnia della bestia sono stati molto difficili, ora li vedo da lontano ma non li dimentico, come non dimentico i momenti meravigliosi che ho, comunque vissuto, la remissione della malattia, la donatrice che mi ha salvato la vita, i miei medici e soprattutto l'arrivo di mio figlio e la mia mia famiglia . Anzi assaporo ogni momento della vita. Ogni giorno; così come ogni giorno mi scontro con chi non ha sviluppato questo sentimento e pensa che il prossimo sia qualcuno da abbindolare.
Sono per le cose belle della vita, sono per provare ad abbattere la sofferenza, sono per farci sentire e dire al mondo che non siamo sottomessi.
Finisco con una poesia di Ho Chi Minh (che ha vissuto a Milano in via Pasubio dove faceva il pasticcere), a proposito di libertà, di dignità e di solidarietà.
La rosa s'apre, la rosa
appassisce senza sapere
quello che fa.
Basta il profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perchè nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie
del mondo
Ho Chi Minh
Fratelli miei trattatevi bene.
Qui c'è un'intervista proprio sulla mia storia e sulle storie del calcio
https://www.youtube.com/results?search_query=marco+dell%27acqua+intervista&sm=1
lunedì 13 maggio 2013
buone notizie: immunofissazione negativa
Immunofissazione negativa, assenza di malattia. Il controllo, l'ultimo che ho fatto qualche giorno fa, è andato bene. Il percorso non è mai facile, gli esami sono tanti e la fine del percorso è già di per sé un risultato. Quest'ultimo è stato in concomitanza con i sette anni dal trapianto. A visitarmi c'era chi mi ha seguito dal primo giorno in cui sono arrivato all'Istituto dei tumori: il dottor V., chiamato così anche su un libro che però non ho scritto io. Mi ha accolto come sempre con un sorriso rassicurante, e come sempre ha risposto a tutte le mie domande. Gli interrogativi, nella mente di chi ha vissuto direttamente l'esperienza del cancro e delle cure, ci sono sempre e ce ne sono sempre di nuovi. Avevo già visto gli esami e mi ero preparato le domande. Sono tornato nella sala d'aspetto dove ho trascorso un numero elevato di ore della mia vita. Anche questa volta sono rimasto colpito dalla forza, dalla compostezza, dalla dignità delle persone che aspettano. Il numero è aumentato con il tempo, la qualità della struttura attrae tanti pazienti. Al di là della retorica, il peggior nemico di chi parla e vive il cancro, il fatto di entrare in un posto dove salvano vite umane è un'elevazione per lo spirito. I medici, certo, fanno il loro lavoro e anche loro cercano le soddisfazioni nella loro professione come tutti noi e non possono avere un trasporto affettivo per i loro pazienti. Però non ho mai avuto la sensazione di essere solo un numero, neppure ora che, per la privacy, all'altoparlante ti chiamano citando una cifra e non più il tuo cognome. Ciò che conta è quello che avviene dietro la porta dell'ambulatorio. La realtà, per alcuni, è davvero difficile, ma chi gliela sta raccontando cerca di farlo sempre nel migliore dei modi. Certo che passa una bella differenza tra chi salva le vite e chi invece le vite le rovina. A volte mi chiedo come si addormenti uno che pensa: "oggi ho permesso a un mio paziente di poter stare con la sua famiglia. O come è successo a me, di abbracciare mio figlio piccolo ogni volta che voglio. Penso sia una bella sensazione. Tutto il contrario di quelli che cercano di fottere il prossimo, nel lavoro, nella vita di tutti i giorni, nella fila alla cassa del supermercato, al parcheggio.
Ho ripensato a quando ero io a stare male e a seguire le terapie: quelle che per me erano innovative ora sono diventate uno standard. Così ho ripensato a chi era in stanza con me e ora non c'è più, ma mi diceva sempre "tu hai un figlio piccolo è meglio che sia tu a stare bene", insomma affetto puro che non dimenticherò mai.
Il mio legame con l'Istituto è sempre più solido e frequente, per questo dico che è importante donare il 5x1000 all'Istituto dei tumori di Milano (due anni fa ho partecipato anche allo spot) e donare il midollo. Per salvare le vite serve tutto tranne il cinismo di certa gente.
Vi voglio bene.
ps ho iniziato a scrivere un libro su tutta questa incredibile vicenda che ho vissuto e se qualcuno conosce un editore che potrebbe essere interessato a pubblicarlo mi farebbe piacere se mi contattasse.
Ho ripensato a quando ero io a stare male e a seguire le terapie: quelle che per me erano innovative ora sono diventate uno standard. Così ho ripensato a chi era in stanza con me e ora non c'è più, ma mi diceva sempre "tu hai un figlio piccolo è meglio che sia tu a stare bene", insomma affetto puro che non dimenticherò mai.
Il mio legame con l'Istituto è sempre più solido e frequente, per questo dico che è importante donare il 5x1000 all'Istituto dei tumori di Milano (due anni fa ho partecipato anche allo spot) e donare il midollo. Per salvare le vite serve tutto tranne il cinismo di certa gente.
Vi voglio bene.
ps ho iniziato a scrivere un libro su tutta questa incredibile vicenda che ho vissuto e se qualcuno conosce un editore che potrebbe essere interessato a pubblicarlo mi farebbe piacere se mi contattasse.
venerdì 19 aprile 2013
sette anni
E' passato un altro anno, così sono diventati sette quelli che sono passati dal trapianto di midollo osseo da donatore non consanguineo. Adesso sto bene, anche se questi anni non sono stati sempre facili, la crisi morde tutti anche chi è stato fortunato come me e ha potuto curare il mieloma. Un cancro del sangue, il mio era piuttosto aggressivo. Ora però, grazie al reparto dell'Istituto dei tumori che mi ha seguito (e tuttora mi segue), sono qui.
Mi godo la mia famiglia, tutto il buono che la vita ha da darmi.
Questo post, questa volta, lo sto scrivendo dalla pancia dell'istituto mentre sono in attesa tra una visita e un esame. Entrare qui dentro oggi mi ha colpito come sempre: le strutture migliorano ma il numero di pazienti è sempre alto. Sono in tanti ad avere bisogno dell'istituto per le cure ma anche solo per una parola che li possa aiutare a comprendere meglio quello che stanno affrontando.
Siamo morsicati dalla crisi economica e questo ci porta a concentrare ancor di più l'attenzione sui bisogni primari: l'affetto e la salute. Due colle che provano a tenere insieme tutto. Però, e beh che non mettevo un però?, però tutto salta se le persone non si danno da fare per aiutarsi l'un l'altro. Mi rendo conto che è molto difficile trasmettere questo concetto nella sua accezione più completa.
Sette anni fa, appunto, ho ricevuto le cellule che mi hanno salvato la vita. Il 18 aprile 2006 è stato il giorno del trapianto. In questo periodo molte cose sono cambiate e molte cose sono rimaste uguali. E' cambiato il mio modo di vedere il mondo (e di apprezzarlo), mio figlio che cresce, alimenta il sentimento di gratitudine. La rabbia invece si nutre dal leggere, ascoltare, vedere la finzione quotidiana, quella per cui se fai dei sacrifici, se ti applichi avrai sicuramente la tua soddisfazione. E' vero solo in parte, nel senso che certamente bisogna impegnarsi (condizione necessaria) ma non è detto che il risultato arrivi. E penso a tutti coloro che lottano con il cancro, che si applicano alle terapie, in definitiva che soffrono e che poi, purtroppo non ce la fanno. Al contrario ci sono coloro cui le cose vanno bene e non se ne rendono nemmeno conto. Su questi due estremi cartesiani si sviluppa molto della vita di ognuno di noi.
Oggi è una specie di secondo compleanno, sono venuto al mondo una seconda volta, e sono contento di festeggiare.
Ringrazio tutti, in primis la mia ematologia e poi tutti quelli che mi vogliono bene e leggono il mio blog.
venerdì 12 ottobre 2012
Fino a qui: tutto bene
Ci risiamo, sono sceso dalla giostra e sino al prossimo giro starò tranquillo ad aspettare e a smazzare gli esami di routine.
Come sempre andare all'Istituto è un misto di rassicurazione e di tensione. Nei giorni precedenti il pensiero è fisso al palazzo di via Venezian. Ormai ci saprei arrivare anche bendato. Poi, dopo la visita, come è spesso successo negli ultimi tempi, la tensione si smolla. E io crollo di stanchezza.
In realtà non devo fare molto: accettazione; attesa; visita. una sequenza semplice, per cui non è necessario nè un diagramma di flusso né una slide di power point. Eppure è stancante da matti. In teoria sapendo già prima che gli esami vanno bene un piccolo sospiro lo tiro.
Ma la sera prima è sempre pesante. Bisogna svegliarsi e sbrigare tutto il rituale che ho messo a punto in ogni dettaglio. Porto a scuola mio figlio e poi prendo la 61. Un'oretta di autobus che attraversa tutta la città e arrivo. Mi fermo al bar dell'ospedale, poi faccio l'accettazione e infine lascio la mia impegnativa nella vaschetta fuori dalla stanza dei medici. E aspetto la chiamata
La notte prima degli esami (del sangue, del midollo e di tutto il resto) è decisamente più faticosa, ma la visita arriva alla fine del ciclo per questo è insieme sfiancante e tranquilizzante.
Ripercorro, prima di addormentarmi, tutto il tragitto. Provo a stemperare l'ansia. Ma è difficile. Ah come vorrei invece pensare che la mattina dopo dovrò andare a giocare a golf e poi verso le 11 inforcare la moto (magari una bella moto) e farmi un giro. Eppure per alcuni è davvero così, vanno a letto pensando a quale ferro dovranno utilizzare il mattino dopo. Pensieri diversi che portano a punti di vista diversi sulla vita e sulla morte.
Per me dopo ogni controllo è come una vittoria sulla morte; per altri, quelli che giocano al golf, sarà solo un birdie da raccontare alla club house.
Sapere che l'immunofissazione è ne ga ti va, ha un prezzo altissimo. Quello che ho pagato in anni di visite e terapie. Un prezzo che è valsa la pena pagare. Un prezzo che mi ha consentito di festeggiare il compleanno di lorenzino: sono passati sette anni da quando mi hanno messo in mano un fagotto bianco di 3770 grammi. Impossibile da dimenticare. Da quel giorno ha incominciato a viaggiare insieme a noi. Sul seggiolino dietro. E' cresciuto, parla, mangia, legge, scrive, pensa, si diverte, ci fa arrabbiare. Per fortuna ho potuto vivere tutto questo anche senza moto bella e senza green. All'inizio è stato faticoso ma poi sempre più bello.
Stare bene, e sentirselo dire, quello si non ha prezzo. Tornare a casa dal controllo, rivedere chi ci vuole bene e dire loro "anche stavolta è andata" è una sensazione meravigliosa.
Eppure la nostra felicità è minata nel profondo, non basta stare bene. Dobbiamo crescere, spendere, consumare, non possiamo goderci quello che abbiamo: la pace conquistata dopo un'esperienza faticosa, gli affetti, le cose buone, un bicchiere di vino, una passeggiata la mattina presto, un giro in motoretta, il drugo che ci racconta come si fa il white russian, il mare fuori stagione.
Dobbiamo arrivare, fare soldi, essere meritevoli, performanti. Si ho scritto performanti (una bruttissima parola). Non c'è spazio per i Bartleby, non ci si può accontentare, altrimenti si è dei perdenti. Perdenti?!! ma chi l'ha deciso?
Bisogna crescere, altrimenti ti togliamo anche quello che ti sei guadagnato. E' la solita storia dei forti con i deboli e dei deboli con i forti. E per non essere dei perdenti dobbiamo migliorare in nostro potere di acquisto.
Gli unici perdenti che conosco sono coloro che sono stati sconfitti (e non certo per volere loro) dalla malattia.
Non mi stupirei se qualcuno arrivasse a dire che la sopravvivenza è questione di volontà, di palle, di intelligenza, di opportunità: di merito insomma.
Lo dico sempre i problemi sono problemi, non sono opportunità. Altrimenti gli ospedali oncologici sarebbero pieni di coach, di libri del tipo credi in te stesso, di carboni ardenti su cui camminare. E invece sono pieni di gente che sta male, che con le sue forze, le sue risorse prova a venirne fuori. No, il cancro, non è un'opportunità.
Quelli che ce la fanno sono più fortunati: non sono ne i migliori ne i peggiori.
La malattia non migliora e non peggiora nessuno: semmai ti fa vedere il mondo da un altro punto di vista. Un punto di vista, sia chiaro, cui si potrebbe arrivare anche senza rischiare la vita. Ma insegna molte cose su cosa è importante e su cosa non lo è.
Gli affetti sono fondamentali, quelli veri. Non quelli di plastica della televisione o che i mezzi di comunicazione ci fanno vedere tutti i giorni. Forse è esagerato, ma fino a un certo punto, dire che i malati di cancro sono tutti fratelli: ma per me è vero. L'esperienza condivisa è così forte che segna tutti. Non c'è bisogno di dire molto quando incontri un fratello, lui già sa. In più i fratelli sono quelli che sanno che per farcela bisogna si lottare ma anche avere fortuna. E sanno anche che per la meschinità, la furbizia, il piccolo cabotaggio, le miserie umane non c'è spazio. Il paziente non può fare il furbo con il cancro, altrimenti è come toccare i fili: si muore.
Al contrario nel mondo politico, in quello dell'impresa tutto questo è un valore.
In nome del guadagno e della avidità si perdono di vista i rapporti con gli altri. Provano a dividerci, tanto nel mondo del lavoro quanto a livello sociale. E alcuni sono contenti, ma bisogna stare attenti.
Finisco con una poesia di Bertolt Brecht che ben rende l'idea dei rischi che corriamo.
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(B. Brecht)
Da Brecht a Jannacci, per allegerire il finale e per tutti i cuori rossoneri (un po' infranti in questo periodo) vi lascio con quest'altra citazione.
Come sempre andare all'Istituto è un misto di rassicurazione e di tensione. Nei giorni precedenti il pensiero è fisso al palazzo di via Venezian. Ormai ci saprei arrivare anche bendato. Poi, dopo la visita, come è spesso successo negli ultimi tempi, la tensione si smolla. E io crollo di stanchezza.
In realtà non devo fare molto: accettazione; attesa; visita. una sequenza semplice, per cui non è necessario nè un diagramma di flusso né una slide di power point. Eppure è stancante da matti. In teoria sapendo già prima che gli esami vanno bene un piccolo sospiro lo tiro.
Ma la sera prima è sempre pesante. Bisogna svegliarsi e sbrigare tutto il rituale che ho messo a punto in ogni dettaglio. Porto a scuola mio figlio e poi prendo la 61. Un'oretta di autobus che attraversa tutta la città e arrivo. Mi fermo al bar dell'ospedale, poi faccio l'accettazione e infine lascio la mia impegnativa nella vaschetta fuori dalla stanza dei medici. E aspetto la chiamata
La notte prima degli esami (del sangue, del midollo e di tutto il resto) è decisamente più faticosa, ma la visita arriva alla fine del ciclo per questo è insieme sfiancante e tranquilizzante.
Ripercorro, prima di addormentarmi, tutto il tragitto. Provo a stemperare l'ansia. Ma è difficile. Ah come vorrei invece pensare che la mattina dopo dovrò andare a giocare a golf e poi verso le 11 inforcare la moto (magari una bella moto) e farmi un giro. Eppure per alcuni è davvero così, vanno a letto pensando a quale ferro dovranno utilizzare il mattino dopo. Pensieri diversi che portano a punti di vista diversi sulla vita e sulla morte.
Per me dopo ogni controllo è come una vittoria sulla morte; per altri, quelli che giocano al golf, sarà solo un birdie da raccontare alla club house.
Sapere che l'immunofissazione è ne ga ti va, ha un prezzo altissimo. Quello che ho pagato in anni di visite e terapie. Un prezzo che è valsa la pena pagare. Un prezzo che mi ha consentito di festeggiare il compleanno di lorenzino: sono passati sette anni da quando mi hanno messo in mano un fagotto bianco di 3770 grammi. Impossibile da dimenticare. Da quel giorno ha incominciato a viaggiare insieme a noi. Sul seggiolino dietro. E' cresciuto, parla, mangia, legge, scrive, pensa, si diverte, ci fa arrabbiare. Per fortuna ho potuto vivere tutto questo anche senza moto bella e senza green. All'inizio è stato faticoso ma poi sempre più bello.
Stare bene, e sentirselo dire, quello si non ha prezzo. Tornare a casa dal controllo, rivedere chi ci vuole bene e dire loro "anche stavolta è andata" è una sensazione meravigliosa.
Eppure la nostra felicità è minata nel profondo, non basta stare bene. Dobbiamo crescere, spendere, consumare, non possiamo goderci quello che abbiamo: la pace conquistata dopo un'esperienza faticosa, gli affetti, le cose buone, un bicchiere di vino, una passeggiata la mattina presto, un giro in motoretta, il drugo che ci racconta come si fa il white russian, il mare fuori stagione.
Dobbiamo arrivare, fare soldi, essere meritevoli, performanti. Si ho scritto performanti (una bruttissima parola). Non c'è spazio per i Bartleby, non ci si può accontentare, altrimenti si è dei perdenti. Perdenti?!! ma chi l'ha deciso?
Bisogna crescere, altrimenti ti togliamo anche quello che ti sei guadagnato. E' la solita storia dei forti con i deboli e dei deboli con i forti. E per non essere dei perdenti dobbiamo migliorare in nostro potere di acquisto.
Gli unici perdenti che conosco sono coloro che sono stati sconfitti (e non certo per volere loro) dalla malattia.
Non mi stupirei se qualcuno arrivasse a dire che la sopravvivenza è questione di volontà, di palle, di intelligenza, di opportunità: di merito insomma.
Lo dico sempre i problemi sono problemi, non sono opportunità. Altrimenti gli ospedali oncologici sarebbero pieni di coach, di libri del tipo credi in te stesso, di carboni ardenti su cui camminare. E invece sono pieni di gente che sta male, che con le sue forze, le sue risorse prova a venirne fuori. No, il cancro, non è un'opportunità.
Quelli che ce la fanno sono più fortunati: non sono ne i migliori ne i peggiori.
La malattia non migliora e non peggiora nessuno: semmai ti fa vedere il mondo da un altro punto di vista. Un punto di vista, sia chiaro, cui si potrebbe arrivare anche senza rischiare la vita. Ma insegna molte cose su cosa è importante e su cosa non lo è.
Gli affetti sono fondamentali, quelli veri. Non quelli di plastica della televisione o che i mezzi di comunicazione ci fanno vedere tutti i giorni. Forse è esagerato, ma fino a un certo punto, dire che i malati di cancro sono tutti fratelli: ma per me è vero. L'esperienza condivisa è così forte che segna tutti. Non c'è bisogno di dire molto quando incontri un fratello, lui già sa. In più i fratelli sono quelli che sanno che per farcela bisogna si lottare ma anche avere fortuna. E sanno anche che per la meschinità, la furbizia, il piccolo cabotaggio, le miserie umane non c'è spazio. Il paziente non può fare il furbo con il cancro, altrimenti è come toccare i fili: si muore.
Al contrario nel mondo politico, in quello dell'impresa tutto questo è un valore.
In nome del guadagno e della avidità si perdono di vista i rapporti con gli altri. Provano a dividerci, tanto nel mondo del lavoro quanto a livello sociale. E alcuni sono contenti, ma bisogna stare attenti.
Finisco con una poesia di Bertolt Brecht che ben rende l'idea dei rischi che corriamo.
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(B. Brecht)
Da Brecht a Jannacci, per allegerire il finale e per tutti i cuori rossoneri (un po' infranti in questo periodo) vi lascio con quest'altra citazione.
Zero a zero anche ieri 'sto Milan qui,
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c'ha neanche 'sti problemi qua.
Quest'anno siamo riusciti a fare peggio.
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c'ha neanche 'sti problemi qua.
Quest'anno siamo riusciti a fare peggio.
Vi voglio bene fratelli.
venerdì 1 giugno 2012
Controlli e altre storie
Seguendo la buona
regola del giornalismo anglosassone, si dice così, nelle prime due righe metto le
notizie salienti.
Ho fatto uno dei miei controlli periodici
all'Istituto dei tumori e l'esito è ok e l'immunofissazione è NEGATIVA
Oltre all'esame del sangue, in questo giro, ho fatto
una risonanza in quattro punti della schiena.
Quello che mi ha colpito, questa volta, però è stata
la riga Terapia del resoconto delle visita. In pratica devo tornare a prendere
qualche farmaco per la tensione e per la pressione. Sono teso in un momento in
cui alcune buone notizie mi hanno accompagnato. E' un controsenso, ma è così. L'ansia mi mangia.
Durante l'attesa nella sala antistante l'ambulatorio
ho visto il solito grande via vai di gente e di pazienti.
Lì, si ha una specie di visione complessiva dei tipi
umani, chi è curioso e chiede a un altro un'informazione su un dottore (chi è
più bravo, in cosa è specializzato, mi hanno detto che viene dall'America
etc..); chi sta fermo, muto e immobile, pietrificato dall'essere in quel posto;
chi si muove su e giù per il corridoio. Chi prova a intercettare una parola che
lo interessa e si butta nella conversazione. Ero lì che ascoltavo e a un certo
punto un trapiantato da pochi giorni racconta il suo decorso, tutto sommato
buono. A quel punto intervengo dicendo che per me sono passati sei anni
dal trapianto. Lo dico a voce un po' alta e tutti mi sentono. E' stato come
aprire un vasetto di miele in mezzo alle api. In molti volevano chiedermi
qualcosa, ma il pudore e la dignità (se volete vederli e capire di cosa stiamo
parlando fate un giro negli ospedali, quelli d'eccellenza come l'istituto) ad
alcuni hanno frenato l'eloquio. Qualcuno mi ha chiesto e io ho spiegato più che
volentieri quello che è successo a me. Anche se sono passati 8 anni dalla
diagnosi. Un periodo in cui la cura del mieloma è stata rivoluzionata.
Poi mi hanno chiamato per la mia visita, la chiamata
ha ricordato a tutti che anche io sono un paziente (io non me lo dimentico mai). Quando mi hanno chiesto
finché durano in controlli, non ho saputo dare una risposta che non fosse
generica. Ma durano per tanto, forse per sempre. Qualcuno pensava che
bastassero 5 anni e poi stop, tutto diradato.Non è così, i miei controlli sono
molto diluiti: da tutti giorni a tre/quattro volte all'anno c'è una bella differenza.
Per quanto mi riguarda non so neanche se c'è una letteratura sui lungo
sopravviventi al mieloma dopo l'arrivo del Velcade. Sono comunque sempre un
paziente e ogni controllo superato è un colpo di ossigeno al cervello, una piccola
rinascita. L'incertezza e la paura ci accompagnano sempre.
Mi sono reso conto una volta di più come la mia
storia/testimonianza fosse importante per gli altri, parlo di quelli coinvolti
emotivamente. Anche se ogni caso è a se, questo bisogna dirlo sempre, come
sempre va ricordato il ruolo del destino, della fortuna, del caso,
dell'imponderabile. Ognuno lo può chiamare come vuole. Ma conta, assicuro che
conta.
Al contrario ci sono altri che sono lontani da tutto
ciò e pensano di essere immortali e invincibili, non pensano che una cosa del
genere possa capitare loro. D'altra parte ci sono persone che si rendono conto
che a dover essere curati sono gli essere umani e non le malattie, mentre da un
altro lato gli essere umani sono numeri della produzione. Esattamente come le
viti, i bulloni, i colli spediti, il fatturato.
Il loro piacere è vedere aumentare i loro guadagni,
non fa niente se poi qualcuno soffrirà.
Il mio piacere è naturalmente quello di stare bene e
di vivere con la mia famiglia il buono che la vita ha da dare, sperando di
riuscire ad arginare le cose meno buone. Purtroppo non ci si riesce sempre,
siamo infatti artefici del nostro destino sino a un certo punto. E bisogna
essere fortunati nel trovare chi il tuo destino se lo prende a cuore e fa di
tutto per aiutarti. Ad esempio i miei medici e i miei affetti. Poi c'è chi del
destino degli altri non si preoccupa e pensa solo al suo.
Per chiudere mi piace fare una piccola provocazione,
inizio mettendo questa minuta e bella poesia di Prevert, arcinota perché
in grado di toccare il cuore di tutti quelli che hanno qualcuno cui volere
bene.
Paris at Night
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti
tutto il viso
Il secondo per vederti
gli occhi
L'ultimo per vedere la
tua bocca
E tutto il buio per
ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra
le braccia
Un po' mielosa, molto romantica, invece per gli
stomaci e gli stati d'animo più arrabbiati propongo Kafka,
Davanti alla legge
Davanti alla legge sta
un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il
permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano
gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L'uomo dopo aver
riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi,» dice il
guardiano, «ma adesso no.» Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come
sempre e il guardiano si scosta un po', l'uomo si china per dare, dalla porta,
un'occhiata nell'interno.
Il guardiano,
vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare ad
onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l'ultimo dei
guardiani. All'ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente
dell'altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.»
L'uomo di campagna non
si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo pensiero, dovrebbe esser sempre
accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso
nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera
all'uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso. Il guardiano gli dà uno sgabello
e lo fa sedere a lato della porta.
Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta
di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il
guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua
patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera
dei gran signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può
consentirgli l'ingresso. L'uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà
fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il
guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, pero gli dice: «Lo accetto solo
perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.»
Durante tutti quegli anni l'uomo osserva il
guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel
primo gli appare l'unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla
propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano
che invecchia, limitandosi a borbottare tra sé. Rimbambisce, e poiché,
studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo
della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano
perché cambi idea.
Alla fine gli s'affievolisce il lume degli occhi, e
non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a
tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce
inestinguibile dalla porta della legge. Non gli rimane più molto da vivere.
Prima della morte tutte le nozioni raccolte in quel
lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non ha mai posta al
guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli
permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui,
dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell'uomo.
«Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.»
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice
l'uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto
di entrare?»
Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e,
per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva
ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E
adesso vado e la chiudo.»
Franz Kafka
Scegliete voi a questo
punto se stare con Kafka o con Prevert. O se un giorno siete Kafka e un
altro Prevert.
E tanto per pensare
alle cose che mi piacciono finisco con una lista, una play list. La condizione
che mi sono posto è quella di scegliere una sola canzone per artista, non
necessariamente la più famosa o la più rappresentativa:
Beatles - revolution 1 (la versione lenta)
Rolling stones - honky tonk woman
Dylan The man in me
Eddie Brickell - good times
Who - baba o'riley
Police - So lonely
U2 I still haven't found what I'm looking for
Credence - looking on my back door
Vangelis - love theme form blade runner
peter gabriel - solsbury hill
style council - you are the best thing
spencer davis group - gimme some lovin
clash - london calling
Steve miller band - I'm the joker
Smokey robinson - the tracks of my tears
Pino Daniele - Musica
musica
Bob Marley redemption song
Leonard Cohen Halleluja
Pink floyd - I wish you were here
Maurizio Pollini - I
notturni di Chopin
Marvin Gaye -
What's going on
John Mellencamp
- Small town
Bruce Springstee
- Hungry heart
David Bowie -
Heroes
Flletwood Mac -
Don't stop thinking about the future.
(queste canzoni erano tra quelle che ascoltavo
durante la chemio ad alte dosi).
E poi molte altre ma per oggi basta così.
Vi voglio bene e vi abbraccio tutti.
mercoledì 18 aprile 2012
6 anni 18 aprile 2006
Oggi sono sei anni che ho fatto il trapianto. Oggi sono sei anni che sono tornato a vivere. Sei anni come quelli di Lorenzo. Oggi è il mio secondo compleanno. Oggi non posso trattenere il magone per quello che ho attraversato. Oggi sto bene e posso raccontarlo. Oggi sta diventando una delle mie parole preferite. Oggi vuol dire vivere giorno per giorno. La sacca con le cellule era arrivata nel pomeriggio, le mie braccia erano un campo di battaglia. Non si trovava la vena per l'ago, un ago grande. Hanno chiamato un medico della rianimazione e mi ha fissato un catetere venoso nella femorale. Da lì sarebbe passata la nuova vita.
Oggi molte cose sembrano diffcili e faticose, così come ho sentito la fatica per quello che ho dovuto fare allora. Oggi sono un sopravissuto al cancro e al trapianto. Ricordo tutto, le parole, l'affetto, l'attenzione, le cure, i volti, la paura, la durezza. Ho avuto forza, una forza incredibile, così come la fortuna. Ho affrontato situazioni molto critiche: sentire le percentuali di sopravvivenza, firmare il consenso informato (dove c'è scritto che si può morire), non vedere mio figlio piccolissimo, non abbracciare chi mi vuole bene e tutto il corredo del malato di cancro del sangue. Tutto però è servito e oggi sto bene. La malattia mi ha insegnato a mettere in ordine le cose, dalle più importanti alle meno importanti. A pensarci è il cervello senza bisogno dei punti elenco di powerpoint, senza argomentazioni troppo raffinate.
Al contempo però ti scopri fragile di fronte agli eventi della vita, quella con la minuscola, quella di tutti i giorni, quella vita che dai per scontata. Siamo sempre impreparati, così come si è sempre avuto fiducia in qualcuno e poi veniamo traditi, allo stesso modo la malattia arriva e non sei pronto. Il setaccio delle cose che contano si restinge sempre più, quello che rimane è l'essenza dell'affetto. Bisogna guardare quello.
E' diffcile da scrivere, e ripercorrere quei giorni è per me una sorta di redenzione: ricordare i sapori (alle 7 del mattino ho dovuto succhiare un ghiacciolo al limone per evitare, durante la chemio, che i funghi attaccassero la faringe) o del trattamento da fare ogni giorno dopo essermi lavato i denti, gli odori di disinfettante asettico, i rumori delle pompe che funzionano h 24, la luce che scendeva al tramonto, i punti che tirano sulla pelle.
E poi tutto il resto, il cibo implasticato, i dolori, la debolezza e la stanchezza. Quella sensazione di straniazione.
La chemio ad alte dosi è devastante. Ti svuota dentro e ti rimbabisce fuori.
Ci sono stagioni della vita che ci sembrano, e sono, più faticose di altre, ti senti come se stessi camminando su l'asfalto fuso, ogni passo è una fatica. Non ti muovi e non ti rendi conto che tutto intorno a te è fermo. Immobile. Chi pensavi che ti potesse aiutare si dilegua e ti ritrovi con niente in mano.
Ce la menano con il merito la produttività, l'abnegazione. tutto giusto per l'amor del cielo, ma non è detto che se sei bravo e ti comporti bene alla fine avrai una ricompensa. Non è così nella vita, non è così nella malattia. C'è chi se ne frega degli altri che sta sempre bene, che pensa di essere immortale e non gli importa nulla di chi soffre e del male ch epossono fare le parole. Tutto il contrario degli affetti e dell'amicizia. Lì trovi quelli che si danno subito da fare per aiutarti. Capisci la differenza tra chi ti vuole bene, anche se non ti vede mai, e chi invece è indifferente anche se ti vede tutti i giorni.
Ci sono stagioni della vita che ci sembrano, e sono, più faticose di altre, ti senti come se stessi camminando su l'asfalto fuso, ogni passo è una fatica. Non ti muovi e non ti rendi conto che tutto intorno a te è fermo. Immobile. Chi pensavi che ti potesse aiutare si dilegua e ti ritrovi con niente in mano.
Ce la menano con il merito la produttività, l'abnegazione. tutto giusto per l'amor del cielo, ma non è detto che se sei bravo e ti comporti bene alla fine avrai una ricompensa. Non è così nella vita, non è così nella malattia. C'è chi se ne frega degli altri che sta sempre bene, che pensa di essere immortale e non gli importa nulla di chi soffre e del male ch epossono fare le parole. Tutto il contrario degli affetti e dell'amicizia. Lì trovi quelli che si danno subito da fare per aiutarti. Capisci la differenza tra chi ti vuole bene, anche se non ti vede mai, e chi invece è indifferente anche se ti vede tutti i giorni.
Queste righe sono per voi, per quelli che mi vogliono bene.
Su questo blog arrivano però anche in molti che cercano notizie sul Mieloma, su come si cura, su come funziona il trapianto di midollo, su quali sono le terapie migliori. Non ho risposte perché non sono un ematologo. Però vi dico di chiedere proprio agli ematologi, loro sono informati. Fatelo, fatelo, non aspettate.
Vi abbraccio tutti.
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