giovedì 21 dicembre 2017

Il parente di dio

Controllo, controllo, controllo, controllo.
Nella mia testa, nei giorni che precedono l'appuntamento per la visita, la parola controllo rimbomba in continuazione. Mi ruba energia e mi da speranza.

E' una sensazione che conosco, ho fatto centinaia di controlli, è però una condizione che non tutti gli esseri umani, fortunatamente, conoscono.

Poi, arriva il giorno prefissato per vedere il mio medico, il dottor V.
All'ambulatorio arrivo sereno d'animo, in quell'ambiente mi sento a mio agio, protetto.

Conosco la procedura, conosco già l'esito degli esami, conosco i volti di chi lavora al quarto piano.
Attendo, cercando sempre di stare in piedi, è un tic che mi è rimasto dalle prime volte.
Quelle in cui consumavo il corridoio, avanti e indietro.
Arriva il mio turno, mi chiamano con il numero per la privacy, ma il dottor V. sa che sono io.

Quando apro la porta della stanza, entro in una dimensione spazio-temporale del tutto differente dalla nostra quotidianità. Vengo accolto, come sempre, con un sorriso. Oggi, come nei tempi pesanti delle chemio, dei trapianti, dei buchi nelle braccia o nelle vene per i cateteri, delle biopsie osteomidollari .

Chiacchieriamo qualche minuto, siamo quasi coetanei, abbiamo figli e doveri simili, ci ritroviamo. Siamo fratelli. Mi visita, commentiamo gli esami, mi da il referto. A quel punto stacco dalla tensione e so che il controllo è andato bene. Mi sento scarico e euforico allo stesso tempo.

Poi ci abbracciamo, è in quel momento che capisco che sto abbracciando un parente di dio, magari non un parente stretto, un dio con la minuscola. Ma comunque qualcuno davvero fondamentale per la mia vita e quella di tanti altri pazienti. Questo per non esagerare. E' una cosa che auguro a tutti coloro che curano il cancro, quella di trovare quello che ho trovato io: la strada.
Ai pazienti auguro di avere il referto che vorrebbero (quello con scritto REMISSIONE COMPLETA), di avere il sorriso dello specialista che li rassicura, di vivere in pace, di mollare le inquietudini.
Di avere fortuna. Di sentirsi speciali, come mi sento io ogni volta che mi siedo davanti al "mio" medico. Lui ha la capacità di far sentire chiunque speciale. Di essere anche un po' egoisti e di concentrarsi su se stessi, perché siamo fragilissimi.

Viviamo sull'altalena, euforia - rabbia; stanchezza- vitalità; forza d'animo - fragilità.

Il cancro insegna ad andare all'essenza della vita, alla materia nuda. Per questo mi arrabbio con me stesso quando me la prendo per le quisquiglie.
Il fatto è, però, che ci sono persone che non si rendono conto di quanto sono fortunate, di aver preso la porta che girava nel senso giusto, anziché in quello sbagliato.
Alcuni strascichi della vita di tutti  i giorni, da parte di crede di conoscere la Verità, in parte mi hanno adombrato.
Per fortuna la visita ha rimesso le cose a posto ricordandomi la differenza tra la sostanza e le cazzate.

A Natale l'Istituto si colora, ogni reparto fa l'albero, il presepe. Chi è li ha bisogno di tutto quanto possa farlo sentire in un buon clima. Ci vuole tanta energia. Soprattutto nelle oncologie pediatriche.

Ho fatto un giro anche in reparto per salutare gli infermieri e tutto il personale che lavora al sesto piano, anche con loro sono sempre abbracci. Speravo di incontrare il primario e abbracciare anche lui.
In quelle stanze ho passato tantissimo tempo, li, sì, ho ancora qualche resistenza a entrare.
Mi fermo nello spazio antistante l'ingresso vero e proprio.
Chi è ricoverato lotta duramente e non è gusto turbarlo.

E' stato un bel controllo e ora posso dedicarmi al mio mondo, a chi amo veramente.
Salute e pace.
Auguri a tutti, perché tutti devono riuscire a farcela.
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