venerdì 1 giugno 2012

Controlli e altre storie


Seguendo la buona regola del giornalismo anglosassone, si dice così, nelle prime due righe metto le notizie salienti.


Ho fatto uno dei miei controlli periodici all'Istituto dei tumori e l'esito è ok e l'immunofissazione è NEGATIVA

Oltre all'esame del sangue, in questo giro, ho fatto una risonanza in quattro punti della schiena.

Quello che mi ha colpito, questa volta, però è stata la riga Terapia del resoconto delle visita. In pratica devo tornare a prendere qualche farmaco per la tensione e per la pressione. Sono teso in un momento in cui alcune buone notizie mi hanno accompagnato. E' un controsenso, ma è così. L'ansia mi mangia.


Durante l'attesa nella sala antistante l'ambulatorio ho visto il solito grande via vai di gente e di pazienti. 

Lì, si ha una specie di visione complessiva dei tipi umani, chi è curioso e chiede a un altro un'informazione su un dottore (chi è più bravo, in cosa è specializzato, mi hanno detto che viene dall'America etc..); chi sta fermo, muto e immobile, pietrificato dall'essere in quel posto; chi si muove su e giù per il corridoio. Chi prova a intercettare una parola che lo interessa e si butta nella conversazione. Ero lì che ascoltavo e a un certo punto un trapiantato da pochi giorni racconta il suo decorso, tutto sommato buono. A quel punto intervengo dicendo che  per me sono passati sei anni dal trapianto. Lo dico a voce un po' alta e tutti mi sentono. E' stato come aprire un vasetto di miele in mezzo alle api. In molti volevano chiedermi qualcosa, ma il pudore e la dignità (se volete vederli e capire di cosa stiamo parlando fate un giro negli ospedali, quelli d'eccellenza come l'istituto) ad alcuni hanno frenato l'eloquio. Qualcuno mi ha chiesto e io ho spiegato più che volentieri quello che è successo a me. Anche se sono passati 8 anni dalla diagnosi. Un periodo in cui la cura del mieloma è stata rivoluzionata. 

Poi mi hanno chiamato per la mia visita, la chiamata ha ricordato a tutti che anche io sono un paziente (io non me lo dimentico mai). Quando mi hanno chiesto finché durano in controlli, non ho saputo dare una risposta che non fosse generica. Ma durano per tanto, forse per sempre. Qualcuno pensava che bastassero 5 anni e poi stop, tutto diradato.Non è così, i miei controlli sono molto diluiti: da tutti giorni a tre/quattro volte all'anno c'è una bella differenza. Per quanto mi riguarda non so neanche se c'è una letteratura sui lungo sopravviventi al mieloma dopo l'arrivo del Velcade. Sono comunque sempre un paziente e ogni controllo superato è un colpo di ossigeno al cervello, una piccola rinascita. L'incertezza e la paura ci accompagnano sempre.

Mi sono reso conto una volta di più come la mia storia/testimonianza fosse importante per gli altri, parlo di quelli coinvolti emotivamente. Anche se ogni caso è a se, questo bisogna dirlo sempre, come sempre va ricordato il ruolo del destino, della fortuna, del caso, dell'imponderabile. Ognuno lo può chiamare come vuole. Ma conta, assicuro che conta. 

Al contrario ci sono altri che sono lontani da tutto ciò e pensano di essere immortali e invincibili, non pensano che una cosa del genere possa capitare loro. D'altra parte ci sono persone che si rendono conto che a dover essere curati sono gli essere umani e non le malattie, mentre da un altro lato gli essere umani sono numeri della produzione. Esattamente come le viti, i bulloni, i colli spediti, il fatturato. 

Il loro piacere è vedere aumentare i loro guadagni, non fa niente se poi qualcuno soffrirà. 

Il mio piacere è naturalmente quello di stare bene e di vivere con la mia famiglia il buono che la vita ha da dare, sperando di riuscire ad arginare le cose meno buone. Purtroppo non ci si riesce sempre, siamo infatti artefici del nostro destino sino a un certo punto. E bisogna essere fortunati nel trovare chi il tuo destino se lo prende a cuore e fa di tutto per aiutarti. Ad esempio i miei medici e i miei affetti. Poi c'è chi del destino degli altri non si preoccupa e pensa solo al suo.


Per chiudere mi piace fare una piccola provocazione, inizio mettendo questa minuta e bella poesia  di Prevert, arcinota perché in grado di toccare il cuore di tutti quelli che hanno qualcuno cui volere bene. 

Paris at Night
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia


Un po' mielosa, molto romantica, invece per gli stomaci e gli stati d'animo più arrabbiati propongo Kafka, 


Davanti alla legge
Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L'uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi,» dice il guardiano, «ma adesso no.» Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come sempre e il guardiano si scosta un po', l'uomo si china per dare, dalla porta, un'occhiata nell'interno.
Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare ad onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l'ultimo dei guardiani. All'ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente dell'altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.»

L'uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera all'uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso. Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a lato della porta.
Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può consentirgli l'ingresso. L'uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, pero gli dice: «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.»

Durante tutti quegli anni l'uomo osserva il guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli appare l'unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che invecchia, limitandosi a borbottare tra sé. Rimbambisce, e poiché, studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi idea.

Alla fine gli s'affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della legge. Non gli rimane più molto da vivere.

Prima della morte tutte le nozioni raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda  che non ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell'uomo. «Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.»
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l'uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di entrare?»

Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E adesso vado e la chiudo.»

Franz Kafka


Scegliete voi a questo punto se stare con Kafka o con  Prevert. O se un giorno siete Kafka e un altro Prevert.
E tanto per pensare alle cose che mi piacciono finisco con una lista, una play list. La condizione che mi sono posto è quella di scegliere  una sola canzone per artista, non necessariamente la più famosa o la più rappresentativa:
Beatles - revolution 1 (la versione lenta)
Rolling stones - honky tonk woman
Dylan The man in me
Eddie Brickell - good times
Who - baba o'riley
Police - So lonely
U2 I still haven't found what I'm looking for
Credence - looking on my back door 
Vangelis - love theme form blade runner
peter gabriel - solsbury hill
style council - you are the best thing
spencer davis group - gimme some lovin
clash - london calling
Steve miller band - I'm the joker
Smokey robinson - the tracks of my tears
Pino Daniele - Musica musica
Bob Marley redemption song
Leonard Cohen Halleluja
Pink floyd - I wish you were here
Maurizio Pollini - I notturni di Chopin
Marvin Gaye - What's going on

John Mellencamp - Small town

Bruce Springstee - Hungry heart

David Bowie - Heroes

Flletwood Mac - Don't stop thinking about the future.

(queste canzoni erano tra quelle che ascoltavo durante la chemio ad alte dosi).


E poi molte altre ma per oggi basta così.

Vi voglio bene e vi abbraccio tutti. 

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