giovedì 18 aprile 2019

Oggi compio tredici anni

Tredici anni dopo sono qui. Ogni anno il 18 aprile festeggio il compleanno della mia rinascita. E' il giorno in cui mi hanno infuso le cellule emopoietiche del mio donatore per provare ad abbattere il mieloma.
Hanno lavorato bene e oggi posso scrivere questo post e esprimere, una volta di più, i sentimenti che provo. Il primo è la gratitudine verso tutti coloro che hanno reso possibile la mia resurrezione.
Di questo stiamo parlando di vita e di morte.
In quel momento non c'erano molte opzioni, il trapianto da donatore, non consanguineo nel mio caso, era l'unica strada per uno della mia età. Avevo quarant'anni, gli anni in cui si prova a raccogliere un po' del lavoro che si è fatto.
A me è toccato prima il cancro (velocissimo per come si è manifestato) e poi le cure, lente, e lunghissime ma, fino a oggi, risolutive.
Successivamente un'infinità di amarezze in campo lavorativo, cassa integrazione, licenziamento, nuovo lavoro.
Tutto è stato una fatica, così come è faticoso ribadire che a 50 anni qualcosa da dire ce lo ho ancora, mentre ti accorgi che per gli altri non è così.
"Com'è misera la vita negli abusi di potere" direbbe Franco Battiato
E tutto questo non perché ho curato un tumore. I segni che mi sono rimasti sono indelebili

Tuttavia (come amo questa parola) i nostri atti di coraggio sono stati ripagati, come quello di cercare un figlio prima di iniziare la chemio e vedere poi nascere (e crescere) Lorenzo; di ripartire dopo aver perso il lavoro, cercandone un altro.

Il percorso è stato lungo e tortuoso, e insieme alla fortuna (primaria componente, sempre) c'è tutto quello che abbiamo messo noi (famiglia, medici, infermieri, donatore, vicini di letto etc...).
Fortunatamente sono in remissione completa (anche questa è una parola che mi piace, anzi forse è la parola che mi piace di  più).
Le cure oggi sono molto cambiate e chi deve affrontare questa brutta merda ha molte opzioni in più, oltre ad avere un maggiore accesso alle informazioni.

C'è chi si sta curando in questo momento e chi, purtroppo, non ce l'ha fatta: sono sempre loro i primi a cui penso.
So cosa vuol dire un controllo che ti allarma, una terapia che ti spaventa, l'avvicinarsi della data, la paura di quel che potrebbe esserci detto.

Il mio giro sarà tra qualche settimana e, benché non mi aspetti delle sorprese clamorose, sono sempre in ansia quando il momento si avvicina.
Sono sentimenti che può provare solo chi conosce di cosa si sta parlando, gli altri non lo possono sentire se sono fuori dalla nostra cerchia ristretta.

Non c'è niente di bello nel cancro, la resilienza è una cazzata. Se uno sta bene non si rafforza stando male.

Mi sono trovato, mio malgrado, a dover affrontare prove esiziali, definitive. Prove in cui la retromarcia non esiste, sempre "avanti tutta", si affronta la vita in un modo solo, con l'obbiettivo di buttare giù una montagna, anche, solo, con un cucchiaino da caffè.
Alla fine ci si può riuscire, come è successo a me, ma pagando un prezzo alla fatica davvero alto. Comunque, ovviamente, ne vale la pena.
Vale sempre la pena: il sorriso della mia famiglia mi ha sempre ripagato di tutto.



Un abbraccio a tutti fratelli e sorelle che, ora, in questo preciso momento, ci stanno provando. La felicità si può anche trovare e, in un giorno come oggi, la sento un po' più vicina