venerdì 12 maggio 2017

I modi per dire che è andata bene: la grammatica del cancro

con il dottor V. 
E' andato tutto bene, per fortuna è un po' di anni che va tutto bene. Bene, bene, bene, bene. Posso stare qui a riempire la pagina con quest'unica parola.
La grammatica del cancro è essenziale, fatta di pochi vocaboli, di tanta forza, di tanto sentimento, di tanta fortuna, di tanta ricerca e di tanto lavoro. Bisogna dare tutto per rendersi conto di averlo dato. Ma non basta. Per questo i pazienti oncologici sono speciali, perché lottano sempre senza sapere come finirà.
Bene, tanto, tutto, sempre.
Solo quattro parole. Ma messe insieme sono la formula che ci permette di andare avanti. Passato un controllo, ce ne sarà sempre un altro.
Siamo abituati ai controlli ma non ci siamo ancora abituati a sentirci dire bene, bene, bene.
La visita finale è il resoconto del percorso degli esami (che dura qualche settimana). 
Non ripeterò la filastrocca ma sono tanti, impegnativi e ti consumano.
Di molti ne conoscevo già l'esito e mi ero tranquillizzato, ma del più importante, dell'asso di quadri a scopa d'assi, quello del midollo ho conosciuto solo oggi il risultato. Commentato dal dr. V. con la solita serietà e con molto affetto.
Siamo diventati grandi insieme direbbe Baglioni (anche se a me Baglioni non piace); fratelli di sangue, visto che non c'è nessuno che conosce il mio meglio di lui.
Nelle settimane precedenti l'incontro con il medico si vive in un'apnea costante a bassa intensità.
La grammatica del cancro, ognuno dalla sua parte della scrivania, la conosciamo entrambi benissimo.
Lui sa rassicurarmi e tranquillizzarmi, certo con gli esami che vanno bene è facile. Ma era lo stesso anche quando non andavano bene. Per parte mia cerco di fare sempre domande su come sto, su come vanno le nuove terapie, che per il mieloma migliorano in continuazione. Mi piace informarmi, capire cosa mi è successo e come si affronta oggi, dopo 13 anni, questa malattia bastarda perché asintomatica.
Ogni viaggio all'Istituto ha un impatto sulla mia anima, quale che ne sia il motivo, dal ritiro di un'impegnativa a un ciclo di esami e , quando c'erano, le cure. Mi rivedo nei pazienti che lo frequentano, che aspettano, che aspettano, che aspettano qualcuno o qualcosa capace di cambiare il corso della loro vita. Che possa dargli pace. Spesso accade, ma non è automatico.
Mi rivedo in quelle attese interminabili, il tempo, quando stai male ha una sola dimensione: l'eternità.
L'esperienza delle tante attese, delle tante informazioni, dei tanti visi della sala di aspetto ti aiutano a comprendere meglio il perché dell'aspettare. E certamente in questo caso non è vero che l'attesa è meglio del desiderio che si vuole realizzare. Perché il desiderio è uno solo: la sopravvivenza.
Il senso di pace che si prova dopo un controllo andato bene è meraviglioso, tuttavia ci sono delle implicazioni psicologiche legate all'ansia, alla paura che possa non essere vero.
Il timore che il prossimo giro possa essere più complicato non ti molla mai, mai, mai, mai.
Quella del cancro è una grammatica senza sfumature.
E' la grammatica condivisa da chi frequenta le oncologie, da chi capisce che il cancro è una malattia e che fa parte della vita, non solo di quella di chi è malato. 
A non capirlo, spesso, invece, sono coloro che si sentono invulnerabili. E ce ne sono.
Trattate bene gli altri e fatevi trattare bene, non sottomettiamoci al lavoro, non è il nostro dio. Non sottomettiamoci alle false verità.
La felicità è sentirsi dire che va tutto bene, non però con una risposta generica a una domanda generica, ma dal tuo dottore che ti conosce come nessun altro. E Vittorio mi ha sempre detto la verità.

 Il paradiso si fa riconoscere come paradiso soltanto quando ne veniamo cacciati
(H. Hesse)

Mi è successa una cosa molto speciale, sono stato invitato a leggere delle cose che ho scritto su Milano e sul Cancro. Grazie a Marco S. e Cibario con cui abbiamo raccolto dei fondi per l'Istituto dei tumori. Qui c'è il video di quel momento lettura Cibario
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