sabato 2 luglio 2016

Finalmente

La sorpresa è arrivata a freddo, avevo visto gli esami del sangue completi e pensavo di essere a posto. 

E invece, e invece, come il prezzemolo che ti rimane incastrato tra i denti ti infastidisce, l'esito dell'esame del midollo (quello che mancava  per chiudere il controllo) mi ha agitato.

Per quanto riguarda il mieloma, la mia malattia, era tutto a posto: immunofissazione negativa e remissione completa. 

C'era, però, qualche cellula che aveva deciso di rompere le scatole. E allora, dopo la visita,di nuovo sotto, con altri esami e altri accertamenti.
A cominciare dalla ripetizione dell'aspirato midollare.

Inoltre, erano apparsi altri fastidi e altre menate, non legate alla malattia, ma che comportano altre visite e altri dottori.

Ho fatto fatica.

Ho avuto, lo confesso, paura. 

Ma, come sempre, al mio fianco c'era il dottor V. dell'istituto dei tumori.
Ci ha pensato lui a rassicurarmi e a guidarmi in mezzo alle parole e ai numeri che segnano i verdetti.

Lui è stato il mio interprete e la mia guida, oltre che la mia droga (come potrei mai fare a meno di lui?).
E' come un compagno di liceo con cui poi fai l'università e che ti ha passato sempre il compito giusto, che c'è sempre stato. 

Idolo.

Il giro completo di esami è durato circa due mesi, tra quelli di routine e le ripetizioni. 

Finalmente si è concluso, in queste settimane ho ridotto i contatti sociali, ho visto e sentito poco gli amici. 
Ero in difficoltà anche solo a raccontare quanto mi stava accadendo.

La visita di chiusura è stata all'inizio di luglio; alla fine tutto è stato confermato, l'ottimo e il prezzemolo, ma sono un po' più rassicurato: i controlli riprenderanno la loro cadenza naturale e i valori strani che sono apparsi saranno tenuti sotto controllo. 
Tutto come al solito. Una normalità strana, ma è la mia normalità. Sono abituato alle accettazioni, agli esami, alle visite, ai dottori.

Almeno è finito il giro e posso sospirare.
Si ripartirà tra qualche mese. 

Nel frattempo ho compiuto cinquant'anni, un'età importante, un'età che sono contento di aver raggiunto.
Quando ho fatto i 40 ero a +60 giorni dal trapianto allogenico, mi reggevo in piedi con difficoltà e assomigliavo più a una larva che a un essere umano.

Li ho festeggiati con la mia famiglia. Tutti insieme. 
Come non capitava da anni. 
E' stato un regalo meraviglioso.

Inevitabile fare un pensierino a quanto mi è accaduto, al destino, agli strumenti che crediamo di avere per piegarlo al nostro volere. 

Ne ho vista di gente correre in cerca di affermazioni effimere, ebbrezze da un momento, sopraffatta dall'inquietudine di un'asticella sempre più alta. Pronta a subordinare tutto a una corsa, non si sa verso dove. Non credo verso la felicità, almeno la felicità che penso io, fatta di salute e pace.

Nessun limite da superare.
Basta l'esperienza di ciò che si è vissuto. 
Chi sta sempre bene, chi scambia l'aggressività e la furbizia con l'intelligenza, ha un concetto di limite molto verticale. 
Un concetto per cui non si arriva mai alla meta, perché si sposta sempre più alto. Così si consuma nell'inseguimento. 
E non si gode di niente:

  è "chi vive all'incrocio dei venti ed è bruciato vivo"

Io ho un concetto orizzontale di limite, dell'unico limite che l'essere umano ha: quello tra la vita e la morte. 
Questo limite l'ho visto. E, purtroppo, ho visto persone superarlo. 
Non è stato divertente.

Negli ultimi mesi sono dimagrito di oltre 12 kg per lo stress di quello che è capitato intorno a me. 

Tutto è stato faticoso. 
I miei si sono preoccupati. 

Lo stress lo conosco, ho firmato il consenso informato con le percentuali di sopravvivenza. Ho firmato per salvarmi la vita. E stavolta un eccesso di stress mi ha fregato.

Sarò per sempre grato a tutti, tutti quelli che mi vogliono bene e che mi hanno trattato bene. Ho imparato a riconoscerli.
Il cancro non dà l'immunità dagli stronzi, quelli ci sono sempre. 

E per non incontrarli ci vuole culo, come in molte cose della vita. 
L'idea che siamo artefici del nostro destino serve per farci sentire sempre in colpa, sempre desiderosi di qualcosa d'altro. Sempre in fuga dal presente. Sempre con un giudizio da subire.

Infine, la facilità con cui il sostantivo cancro si usa come una specie di aggettivo per equipararlo a qualcosa che mangia e distrugge, mi fa arrabbiare. E' vero il cancro ha queste caratteristiche ma in molti casi si può curare e, secondariamente, chi è malato di cancro non merita di vedere banalizzata la sua sofferenza/speranza.
La differenza ancora una volta la fanno gli uomini.

Sciascia aveva già spiegato tutto con una logica cartesiana:

« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… » L. Sciascia


Finisco con la mia città Milano,
"Ti devo tanto come uomo
lavoro insieme ai figli tuoi
oh Milano, fa' di me quello che vuoi.
Ti lascio tutti i miei progetti
le mie vendette e la mia eta'
oh non tradirmi sono vecchio e il tempo va.."

La vita ha molto da dare e soprattutto ha da dare se stessa.
Ho potuto vedere crescere mio figlio, ho sentito il calore della mia famiglia e degli amici. 

Quelli vecchi, quelli nuovi e quelli ritrovati. Anche solo per una pizza, un mi piace su facebook o gli auguri il giorno del mio compleanno.

Vi voglio bene.


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