martedì 26 novembre 2013

cancro, libertà e solidarietà

Sono passati molti mesi dall'ultimo post.
Sono accadute un sacco di cose, alcune buone e importanti, altre meno buone ma altrettanto importanti. Parto come sempre dal controllo, l'ho fatto in ottobre ma ci è voluto un po' di tempo per l'esito dell'esame del midollo.
 È tutto a posto, ma che fatica!

Il prelievo dalla cresta iliaca non è stato semplice.L'esame dovrò rifarlo ma mi hanno detto di stare tranquillo. Il resto, immunofissazione e rapporto delle free lite è in ordine. Quindi di salute sto bene.
Che altro? sono d'accordo anch'io, di più importante della salute nostra e di quella di chi ci vuole bene non c'è niente.
Ormai ai controlli, ai buchi nella cresta iliaca per il prelievo del midollo, sono abituato. Non mi spavento, ciò però non significa che non sento male quando mi bucano. Oltretutto di buchi ne ho fatti molti e il callo impedisce un prelievo semplice.
Ma siamo sempre qui.
Siamo sempre qui a lottare, con tutto e con tutti.
Spesso penso alla solidarietà che ho avuto da chi mi vuole bene, al modo in cui tante persone mi hanno dimostrato vicinanza e, altrettanto spesso, confronto questo sentimento con quello di chi è stato privato di qualcosa, della libertà, della dignità, del lavoro.
Sono esperienze molto pesanti.
Ho avuto la possibilità di andare a San Vittore per parlare ai detenuti dell'esperienza della scrittura e dei libri che ho scritto. Soprattutto di quelli sul Milan. La partecipazione è stata immediata, tutti, come in ogni altro contesto, avevano la loro opinione sui rossoneri, sul calcio, sul mondo. Anche se il mondo visto dall'interno di un carcere è un po' diverso.
Libertà non è una parola facile, mentre è facile svuotarla. Quando ho finito il mio incontro, sono uscito e sono tornato alla mia vita di tutti i giorni. Una vita, come quella di molti in questo periodo, fatta di alti e bassi ma libera.
I partecipanti sono tornati in cella: la differenza era stridente.

Sono in tanti che hanno trovato sulla loro strada degli intoppi: una coda al casello, la pioggia senza ombrello, quando ti vola via il cappello, ma anche chi ha avuto una diagnosi severa, chi ha perso il posto di lavoro, chi corre tutte le mattine.
 Ognuno ha una scala di  valori, ma libertà, dignità e salute dovrebbero essere sempre ai primi posti..

Tutti però vogliamo dirci siamo salvi.

Ho finito di scrivere il libro sulla mia esperienza con il cancro e sto cercando un editore.

L'argomento è duro e i giorni che ho trascorso in compagnia della bestia sono stati molto difficili, ora li vedo da lontano ma non li dimentico, come non dimentico i momenti meravigliosi che ho, comunque vissuto, la remissione della malattia, la donatrice che mi ha salvato la vita, i miei medici e soprattutto l'arrivo di mio figlio e la mia mia famiglia . Anzi assaporo ogni momento della vita. Ogni giorno; così come ogni giorno mi scontro con chi non ha sviluppato questo sentimento e pensa che il prossimo sia qualcuno da abbindolare.
Sono per le cose belle della vita, sono per provare ad abbattere la sofferenza, sono per farci sentire e dire al mondo che non siamo sottomessi.
Finisco con una poesia di Ho Chi Minh (che ha vissuto a Milano in via Pasubio dove faceva il pasticcere), a proposito di libertà, di dignità e di solidarietà.

La rosa s'apre, la rosa
appassisce senza sapere
quello che fa.
Basta il profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perchè nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie
del mondo

Ho Chi Minh

Fratelli miei trattatevi bene.

Qui c'è un'intervista proprio sulla mia storia e sulle storie del calcio
https://www.youtube.com/results?search_query=marco+dell%27acqua+intervista&sm=1

lunedì 13 maggio 2013

buone notizie: immunofissazione negativa

Immunofissazione negativa, assenza di malattia. Il controllo, l'ultimo che ho fatto qualche giorno fa, è andato bene. Il percorso non è mai facile, gli esami sono tanti e la fine del percorso è già di per sé un risultato. Quest'ultimo è stato in concomitanza  con i sette anni dal trapianto. A visitarmi c'era chi mi ha seguito dal primo giorno in cui sono arrivato all'Istituto dei tumori: il dottor V., chiamato così anche su un libro che però non ho scritto io. Mi ha accolto come sempre con un sorriso rassicurante, e come sempre ha risposto a tutte le mie domande. Gli interrogativi, nella mente di chi ha vissuto direttamente l'esperienza del cancro e delle cure, ci sono sempre e ce ne sono sempre di nuovi. Avevo già visto gli esami e mi ero preparato le domande. Sono tornato nella sala d'aspetto dove ho trascorso un  numero elevato di ore della mia vita. Anche questa volta sono rimasto colpito dalla forza, dalla compostezza, dalla dignità delle persone che aspettano. Il numero è aumentato con il tempo, la qualità della struttura attrae tanti pazienti. Al di là della retorica, il peggior nemico di chi parla e vive il cancro, il fatto di entrare in un posto dove salvano vite umane è un'elevazione per lo spirito. I medici, certo, fanno il loro lavoro e anche loro cercano le soddisfazioni nella loro professione come tutti noi e non possono avere un trasporto affettivo per i loro pazienti. Però non ho mai avuto la sensazione di essere solo un numero, neppure ora che, per la privacy, all'altoparlante ti chiamano citando una cifra e non più il tuo cognome. Ciò che conta è quello che avviene dietro la porta dell'ambulatorio. La realtà, per alcuni, è davvero difficile, ma chi gliela sta raccontando cerca di farlo sempre nel migliore dei modi. Certo che passa una bella differenza tra chi salva le vite e chi invece le vite le rovina. A volte mi chiedo come si addormenti uno che pensa: "oggi ho permesso a un mio paziente di poter stare con la sua famiglia. O come è successo a me, di abbracciare mio figlio piccolo ogni volta che voglio. Penso sia una bella sensazione. Tutto il contrario di quelli che cercano di fottere il prossimo, nel lavoro, nella vita di tutti i giorni, nella fila alla cassa del supermercato, al parcheggio.

Ho ripensato a quando ero io a stare male e a seguire le terapie: quelle che per me erano innovative ora sono diventate uno standard. Così ho ripensato a chi era in stanza con me e ora non c'è più, ma mi diceva sempre "tu hai un figlio piccolo è meglio che sia tu a stare bene", insomma affetto puro che non dimenticherò mai.

Il mio legame con l'Istituto è sempre più solido e frequente, per questo dico che è importante donare il 5x1000 all'Istituto dei tumori di Milano (due anni fa ho partecipato anche allo spot)  e donare il midollo. Per salvare le vite serve tutto tranne il cinismo di certa gente.

Vi voglio bene.
ps ho iniziato a scrivere un libro su tutta questa incredibile vicenda che ho vissuto e se qualcuno conosce un editore che potrebbe essere interessato a pubblicarlo mi farebbe piacere se mi contattasse.






venerdì 19 aprile 2013

sette anni

E' passato un altro anno, così sono diventati sette quelli che sono passati dal trapianto di midollo osseo da donatore non consanguineo. Adesso sto bene, anche se questi anni non sono stati sempre facili, la crisi morde tutti anche chi è stato fortunato come me e ha potuto curare il mieloma. Un cancro del sangue, il mio era piuttosto aggressivo. Ora però, grazie al reparto dell'Istituto dei tumori che mi ha seguito (e tuttora mi segue), sono qui.
Mi godo la mia famiglia, tutto il buono che la vita ha da darmi.
Questo post, questa volta, lo sto scrivendo dalla pancia dell'istituto mentre sono in attesa tra una visita e un esame. Entrare qui dentro oggi mi ha colpito come sempre: le strutture migliorano ma il numero di pazienti è sempre alto. Sono in tanti ad avere bisogno dell'istituto per le cure  ma anche solo per una parola che li possa aiutare a comprendere meglio quello che stanno affrontando.
Siamo morsicati dalla crisi economica e questo ci porta a concentrare ancor di più l'attenzione sui bisogni primari: l'affetto e la salute. Due colle che provano a tenere insieme tutto. Però, e beh che non mettevo un però?, però tutto salta se le persone non si danno da fare per aiutarsi l'un l'altro. Mi rendo conto che è molto difficile trasmettere questo concetto nella sua accezione più completa.
Sette anni fa, appunto, ho ricevuto le cellule che mi hanno salvato la vita. Il 18 aprile 2006 è stato il giorno del trapianto. In questo periodo molte cose sono cambiate e molte cose sono rimaste uguali. E' cambiato il mio modo di vedere il mondo (e di apprezzarlo), mio figlio che cresce, alimenta il sentimento di gratitudine. La rabbia invece si nutre dal leggere, ascoltare, vedere la finzione quotidiana, quella per cui se fai dei sacrifici, se ti applichi avrai sicuramente la tua soddisfazione. E' vero solo in parte, nel senso che certamente bisogna impegnarsi (condizione necessaria) ma non è detto che il risultato arrivi. E penso a tutti coloro che lottano con il cancro, che si applicano alle terapie,  in definitiva che soffrono e che poi, purtroppo non ce la fanno. Al contrario ci sono coloro cui le cose vanno bene e non se ne rendono nemmeno conto. Su questi due estremi cartesiani si sviluppa molto della vita di ognuno di noi.
Oggi è una specie di secondo compleanno, sono venuto al mondo una seconda volta, e sono contento di festeggiare.
Ringrazio tutti, in primis la mia ematologia e poi tutti quelli che mi vogliono bene e leggono il mio blog.